giovedì 12 gennaio 2012

Mi chiamo Eva

Sono nata il 5 luglio 1956. Non ho informazioni sulla mia nascita. Ciò è senz'altro dovuto al fatto che non ho creato grandi problemi alla nascita,  come mai ne ho creati in seguito.  Gravidanza tranquilla e parto naturale senza troppi traumi.
So per certo però che il mio nome è ereditato dalla nonna paterna,  che si chiamava Stellina detta Eva.
Sono stata fortunata, perchè avrei potuto chiamarmi Stellina, il vero nome della nonna, oppure Teresa come la nonna materna, morta nel febbraio del 56, qualche mese prima della mia nascita. Invece,  non so grazie a chi, mi chiamo Eva.
Un nome che mi si addice, perchè è breve così come io sono sintetica e rapida; un nome antico, legato alle origini, così come io sono legata al mio passato.
So che in ebraico vuol dire " madre dei viventi" e questo calza perfettamente alla mia figura, dato che il tratto principale della mia persona è il fatto di essere madre di tre splendidi ragazzi.
Mi piace il mio nome. E' breve e poco diffuso, appartiene solo a me, mi contraddistingue.
Quando ero più piccola e frequentavo la parrocchia, le buone suorine della scuola materna lo avevano trasformato in Maria Eva, per renderlo più apprezzabile, dato che Eva era il nome della prima peccatrice. Per un po' ho sentito un po' d'imbarazzo quando mi chiamavano sia con il mio nome da peccatrice che con quello nobilitato, che non sentivo mio.
In quel periodo mi era stata creata una piccola crisi d'identità. Chi ero io? Una piccola insulsa bimba con un nome indegno? Oppure una fanciulla nobilitata dal nome della Vergine che poteva aspirare alla santità?
Ricordo di avere spesso avuto forti interrogativi in quel periodo, ma non solamente sulla mia identità, ma anche sul mio ruolo nella famiglia, sullo spazio nella comunità, sulla mia intelligenza, sulla mia bontà, che non era mai  adeguata e non ultima sul mio essere donna, femmina, che in poco tempo avevo capito essere la mia più grande sfortuna.
Comunque Eva è un nome estremamente femminile, fatto di due vocali che abbracciano una consonante velare.
E' un soffio che sfugge dalle labbra senza accorgersene e che  in un attimo mi invita a soccorso di chi ha bisogno di me.

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