Vivere in un piccolo paese è sopravvivere. E' riuscire ad assolvere ai bisogni primari, mangiare, dormire e stare al caldo. E avere negozi e servizi di base che permettano di continuare a vivere.
Ma vivere come?
Senza avere accesso alla cultura:librerie, cinema, teatro.
Senza aver alcuna vita sociale, perchè la gente fugge o si rintana in casa, in quella gabbia che permette di vedere la vita da un'angolazione piuttosto ristretta.
La vita di provincia è povera, triste, solitaria. In questa ristrettezza culturale, in questa chiusura dei cuori, si finisce per restare rinchiusi e vittime di se stessi.
Si finisce per pensare che il mondo sia tutto qui, che il piccolo centro in cui viviamo sia alla fine l'ombelico del mondo e che tutto quanto noi viviamo sia la vera vita.
Ma non sappiamo invece quali e quante persone stiano facendo compiendo grandi e piccole gesta, quali spettacoli si stiano realizzando nel mondo, quali opere d'arte vengano prodotte in altri centri.
Spesso mi chiedo come possa essere la vita di coloro che vivono a Firenze o a Roma e che sono circondati dalla bellezza artistica. Sicuramente è impossibile che queste persone che possono profittare della bellezza abbiano ristrettezza mentale e una visione piccola del mondo.
Noi invece, che viviamo in questi paesi del nulla, cresciamo con una visione del mondo da buco della serratura. La prospettiva dalla quale ci affacciamo alla vita è quella che ci è concessa, come quando da una cantina buia, scorgiamo in alto, lontano un piccolo spiraglio di luce.
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